The Scunned Guests: non si esce vivi dagli anni novanta

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The Scunned Guests – le Scimmie Urbane (Seahorse Recordings)

Tenacemente ancorati ai nineties e all’idea che abbiamo del rock di quegli anni (forse è per questo che i quattro ‘ospiti indesiderati’ si sentono tali?) la formazione sarda, forte di un suono compatto, di una maturità espressiva indubbia e di un universo lirico coerente con quello emozionale, osa sfornare nel 2014 un disco fieramente fuori moda.

Fin dall’inizio certe coordinate stilistiche appaiono evidenti, come in Prigioniero in cui gli Afterhours di Germi ritornano anche in certe inflessioni vocali di Gianni Senes. E’ comunque il riff pieno e ‘sentito’ – come la voce – a dettare legge in questo album, anche quello mutuato dal grunge di seconda generazione di area Alice In Chains/My Sister’s Machine. Molto indicativa in tal senso è Nuovi Giorni.

Ne Il Buon Padre e in Torbido i rallentamenti e certe incursioni dell’ugola capace di Senes possono anche far affiorare alla mente i Faith No More. In ogni caso da quella decade non si scappa. E così per il resto dell’album, sempre impetuoso, come nell’ironica Bla Bla Bla, nel manifesto di disagio di Sera d’Autunno, nell’elettricità turbinante di Sogno e Son Desto, quest’ultima forse la meno influenzata e più personale del lotto.

In Sopravvissuti ritorna, oltre alla voglia di fuga, anche il fantasma della band di Agnelli e la conclusiva Visioni d’Insieme ha qualcosa dei Marlene Kuntz.

Se questo continuo ‘citare’ creasse nel lettore un sospetto di mancanza originalità, vorrei assicurarlo che non è questo un problema: chi ama il rock sa che è già stato detto tutto e che si è sempre naturalmente influenzati da ciò che si è amato e ci ha preceduti.

Le domande da farsi semmai sono altre e vanno ben oltre le doti e le capacità già lodate ed indiscusse degli Scunned Guests: questa musica oggi cosa ci racconta? chi si sente rappresentato da essa?

Recensito su Rockline

 

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